Whistleblowing

Fonti:

 legge 6 novembre 2012, n. 190 art 51
decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, art 54bis
legge 30 novembre 2017 n. 179

ANAC, Determinazione n. 6 del 28 aprile 2015 recante «Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (c.d. whistleblowing»)
ANAC, Regolamento recante «L’esercizio del potere sanzionatorio in materia di tutela degli autori di segna lazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro di cui all’art. 54 -bis del decreto legislativo n. 165/2001 (c.d. whistleblowing)» adottato con Delibera n. 1033 del 30 ottobre 2018 e recentemente modificato con Delibera n. 312 del 2019.

Consiglio di Stato, parere n. 615 del 24/03/2020

Il contenuto della norma

Il pubblico dipendente che, nell’interesse dell’integrita’ della pubblica amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all’articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero all’Autorita’ nazionale anticorruzione (ANAC), o denuncia all’autorita’ giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui e’ venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non puo’ essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione. L’adozione di misure ritenute ritorsive, di cui al primo periodo, nei confronti del segnalante e’ comunicata in ogni caso all’ANAC dall’interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell’amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere.

Ambito soggettivo

L’art. 54-bis, co. 2, del d.lgs. 165/2001 come modificato dall’art. 1 co.1 della l. 179, individua l’ambito soggettivo di applicazione della disciplina sulla tutela del dipendente che segnala condotte illecite, ampliando la platea dei soggetti destinatari rispetto al previgente art. 54 -bis, che si riferiva genericamente ai “dipendenti pubblici”.
La scelta operata dal legislatore di allargare l’ambito di applicazione dell’istituto del whistleblowing sembra porsi in sintonia con l’ampliamento dei soggetti che, a vario titolo, sono tenuti all’applicazione della legge 190/2012 e del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33.
Secondo l’ANAC al riguardo occorre considerare l’ambito soggettivo di applicazione declinato nell’art. 2-bis del decreto trasparenza (d.lgs.33/2013), nonché le indicazioni dell’Autorità fornite nella Delibera n. 1310 del 28 dicembre 2016 e nella Delibera n. 1134 dell’8 novembre 2017 .
Il Consiglio di Stato ha precisato che, sebbene non possa escludersi che da tali disposizioni e delibere possano trarsi utili riferimenti interpretativi anche per la corretta individuazione dei soggetti cui si applica l’istituto del whistleblowing, occorre tuttavia tenere conto della diversa formulazione adottata dalla distinta base legislativa di riferimento che, per le linee guida in esame, è costituita dall’art. 54-bis del d.lgs. n. 165/2001. Quest’ultimo, a sua volta, con disposizione di carattere speciale (“ai fini del presente articolo”), precisa al comma 2 che per dipendente pubblico si intende:
a) il dipendente delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2 (tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni,tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni -ARAN e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300; fino alla revisione organica della disciplina di settore, il CONI);
b) ivi compreso il dipendente di cui all’articolo 3 (personale
in regime di diritto pubblico);
c) il dipendente di un ente pubblico economico ovvero d) il dipendente di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.
L’ultimo periodo dell’art. 54-bis, comma 2, aggiunge poi che la disciplina di cui al presente articolo si applica anche ai lavoratori e ai collaboratori delle
imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore
dell’amministrazione pubblica.
I riferimenti interpretativi non possono quindi oltrepassare la delimitazione
dell’ambito applicativo prescelta univocamente dal legislatore.
Non risulta pertanto possibile l’estensione dell’ambito applicativo
delle linee guida anche alle Autorità di sistema portuale e agli ordini
professionali, laddove non siano riconducibili alle specifiche categorie di legge.
Ebbene, con riguardo alle Autorità di sistema portuale, la natura giuridica di
enti pubblici non economici è stata riconosciuta dall’art. 1, comma 993, della
legge n. 296/2006 (in tal senso si veda anche Cons. St., Sez. V, n. 7411/2019).
Gli ordini professionali, distintamente individuati dall’art. 2-bis, comma 2,
lettera a), del d.lgs. 33/2013 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di
informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni), possono essere ricompresi nell’ambito applicativo delle linee guida in esame solo in presenza
di una qualificazione legislativa che ne consenta la riconducibilità all’elenco di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001. E’ il caso, ad esempio, nell’ambito delle professioni sanitarie, dell’art. 1, comma 1, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, ratificato dalla legge 17 aprile 1956, n. 561, come sostituito dalla legge n. 3/2018 (Riordino della disciplina degli Ordini delle professioni sanitarie), in base a cui gli Ordini e le relative Federazioni nazionali sono enti pubblici non economici.
Per gli ordini professionali che, in ipotesi, non dovessero essere assistiti da
analoga qualifica legislativa rimane ferma la possibilità che le linee guida siano trasmesse alla stregua di best practices di cui gli ordini stessi possano tenere conto nella propria autonomia organizzativa.
In termini analoghi, con riguardo alle Autorità amministrative indipendenti, risulta problematica la riferibilità delle linee guida in esame anche a quelle non espressamente richiamate dall’art. 3 del d.lgs. n. 165/2001 (che contiene un riferimento espresso a CONSOB e Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato).

L’ambito oggettivo

La legge 179 disciplina, come sopra visto, sia le segnalazioni di condotte illecite di cui il dipendente sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, sia le comunicazioni di misure ritenute ritorsive adottate dall’amministrazione o dall’ente nei confronti del segnalante in ragione della segnalazione.
Le prime possono essere inviate, senza ordine di preferenza, al RPCT dell’amministrazione ove si èverificata la presunta condotta illecita o ad ANAC, ovvero trasmesse all’autorità giudiziaria o contabile.
Per le seconde, invece, ANAC ha la competenza esclusiva.
Pur nel mutato tenore letterale del comma 1 dell’art. 54-bis d.lgs. 165/2001, si ritiene logico inserire la i soggetti destinatari della “segnalazione di condotte illecite” anche i soggetti gerarchicamente sovraordinati.
Infatti, sarebbe paradossale che un dipendente pubblico non possa rilevare l’adozione di misure ritorsive dopo aver segnalato al proprio responsabile, o al vertice dell’amministrazione (sindaco, direttore generale, ministro) delle condotte illecite. Si finirebbe per incoraggiare la denuncia diretta all’ANAC, ancora prima di un confronto leale con il proprio superiore.
Per quanto riguarda il concetto di “condotta illecita”, il legislatore usa tre definizioni diverse. Il co. 1 dell’art. 54 bis stabilisce che oggetto della denuncia sono le “condotte illecite”; nel titolo della legge si parla di “reati o irregolarità”; nella rubrica dell’art. 1 si fa riferimento semplicemente ad “illeciti”.
Ad avviso dell’ANAC lo scopo della norma è molto ampio e consiste nel prevenire o contrastare fenomeni che vanno dai reati contro la p.a. agli illeciti civili o amministrativi passando per le irregolarità nella misura in cui costituiscano un indizio sintomatico di mal funzionamento dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni pubbliche attribuite.
Secondo l’ANAC le condotte illecite segnalate devono riguardare situazioni, fatti, circostanze, di cui il soggetto sia venuto a conoscenza «in ragione del rapporto di lavoro». Vi rientrano pertanto fatti appresi in virtù dell’ufficio rivestito ma anche notizie acquisite in occasione e/o a causa dello svolgimento delle mansioni lavorative, sia pure in modo casuale.
Giova precisare che la protezione prevista dall’art. 54-bis non opera nei confronti del pubblico dipendente che viola la legge al fine di raccogliere informazioni, indizi o prove di illeciti in ambito lavorativo.

L’oggetto della tutela

Il sistema di protezione rafforzato che la l. 179 riconosce al whistleblower si compone di tre tipi di tutela:
– la tutela della riservatezza dell’identità del segnalante;
– la tutela da eventuali misure ritorsive o discriminatorie eventualmente adottate dall’ente a causa della segnalazione effettuata;
– l’esclusione dalla responsabilità nel caso in cui il whistleblower sia in ambito pubblico che privato, sveli, per giusta causa, notizie coperte dall’obbligo di segreto d’ufficio, aziendale, professionale, scientifico o industriale.

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